“Sono tutti egoisti! Ognuno pensa solo a sé! Da oggi inizio a farlo anch’io…”
Ti è mai capitato di pensarlo? Magari dopo l’ennesima delusione. Dopo che un collega si è preso il merito del tuo lavoro. Dopo che un amico è sparito nel momento del bisogno.
Quando succede, ti viene da chiederti: “Ma davvero siamo fatti così? È nella nostra natura pensare solo a noi stessi?”
La risposta, per quanto scomoda, è: sì.
Ma non è una condanna. Anzi. L’egoismo — se lo capiamo davvero — può persino diventare una forza.
In questo articolo ti porto in un viaggio tra biologia, psicologia e motivazione umana: dai geni “egoisti” di Richard Dawkins ai bisogni profondi di cui parla Tony Robbins, passando per le dinamiche inconsce che guidano il nostro comportamento quotidiano.
Scoprirai che anche quando facciamo del bene, spesso lo facciamo per noi stessi.
Ma scoprirai anche che questo non ci rende peggiori. Ci rende semplicemente umani.
Cos’è l’egoismo naturale?
Prima di tutto: quando diciamo che “l’essere umano è egoista”, di cosa stiamo parlando esattamente?
L’egoismo naturale non è il comportamento sfacciato di chi si prende l’ultima fetta di torta o ti taglia la strada nel traffico.
È qualcosa di molto più profondo: un impulso di base che ci porta, istintivamente, a mettere i nostri bisogni e il nostro benessere al centro delle decisioni che prendiamo.
In pratica, ogni essere umano nasce con un meccanismo interno che ci fa dire “prima io”, anche se in modi diversi:
Cerchi sicurezza? È egoismo.
Vuoi essere apprezzato? Anche quello.
Aiuti qualcuno per sentirti utile? Indovina un po’…
Questo tipo di egoismo non è frutto di cattiveria, ma di sopravvivenza. Il nostro cervello, le nostre emozioni e perfino i nostri comportamenti “sociali” si sono evoluti per massimizzare le possibilità di vivere, riprodurci, e stare meglio. Tutto il resto — moralità, altruismo, empatia — viene dopo, e spesso serve proprio a ottenere quegli stessi risultati.
In breve: l’egoismo non è un problema da risolvere, è una condizione di partenza da comprendere.
Il punto di vista dell’evoluzione
Per capire da dove nasce davvero l’egoismo umano, bisogna andare indietro. Molto indietro. Non alla nostra infanzia, ma alla storia dell’evoluzione.
Secondo il biologo Richard Dawkins, non sono le persone a essere “egoiste” — sono i geni.
Nel suo libro Il gene egoista, spiega che ogni organismo vivente — incluso l’essere umano — è una macchina di sopravvivenza creata dai geni per continuare a replicarsi.
In pratica, il tuo corpo, la tua mente, perfino le tue emozioni… tutto è al servizio di una cosa sola: far arrivare i tuoi geni alla prossima generazione.
E cosa c’entra questo con l’egoismo?
C’entra tutto.
Perché da questa prospettiva, qualsiasi comportamento che aumenta la tua possibilità di sopravvivere o riprodurti viene “premiato” dalla selezione naturale. Anche se è a discapito degli altri.
Perfino i gesti che sembrano altruisti — come prendersi cura di un familiare — hanno una logica genetica dietro: aiutare qualcuno che condivide i tuoi stessi geni vuol dire aiutare i tuoi geni a sopravvivere. È una strategia.
Ecco dove si inserisce un’altra verità spesso ignorata: siamo diventati animali sociali non per bontà, ma per convenienza evolutiva.
Ci siamo messi in gruppo per aumentare le possibilità di cacciare, per difenderci, per allevare la prole insieme, per condividere esperienze e risorse.
Stare insieme ci ha reso più forti, e quindi più adatti a sopravvivere.
La cooperazione non nasce dal sacrificio, ma da un egoismo intelligente e condiviso.
Lo stesso vale per i comportamenti sociali, secondo Edward O. Wilson, padre della sociobiologia: cooperare ha senso solo se aumenta il nostro vantaggio evolutivo. Non lo facciamo per bontà d’animo, lo facciamo perché ci conviene.
Il risultato? L’egoismo non è un errore del sistema. È il sistema.
È stato selezionato, favorito, tramandato. È il motore silenzioso che guida molte delle nostre decisioni, anche quando non ce ne rendiamo conto.
Ma non sono solo i geni a dettare le regole.
C’è un’altra entità che lavora dietro le quinte di ogni scelta che facciamo: il nostro cervello.
E lui, a modo suo, è ancora più sofisticato nel farci scegliere ciò che ci fa stare bene.
Il cervello vuole il suo tornaconto
Anche quando ci illudiamo di “fare la cosa giusta”, c’è una parte di noi che valuta costi, benefici e gratificazioni.
Quella parte si chiama: cervello.
Le neuroscienze ci dicono che il cervello umano è programmato per cercare ricompense. Ogni azione che facciamo — da mangiare un dolce ad aiutare un amico — attiva circuiti neurali che, in modo più o meno consapevole, ci dicono: “questo ti fa stare bene, fallo di nuovo.”
E sai cosa succede quando fai qualcosa di “altruista”?
Il cervello ti premia.
Rilascia dopamina. Ti senti utile, buono, connesso. Magari ricevi anche apprezzamento sociale o eviti il senso di colpa. Tutte cose che… ti fanno stare meglio.
Ecco perché molti comportamenti altruistici sono, in realtà, egoistici in modo funzionale.
Non nel senso cinico del termine, ma nel senso biologico: li fai perché ti conviene a livello emotivo e cerebrale.
Questa è l’idea alla base di concetti come:
Egoismo morale: aiuto gli altri perché mi fa sentire bene.
Altruismo strategico: mi comporto in modo gentile perché aumenta le probabilità che gli altri facciano lo stesso con me.
Evitamento del disagio: faccio del bene per non sentirmi in colpa.
Il punto è semplice: anche quando sembriamo mossi da buone intenzioni, il cervello sta facendo i suoi conti.
E spesso, ciò che chiamiamo altruismo è solo un’altra via per ottenere una ricompensa personale.
Psicologia dell’egoismo
(Freud, Rand, Sober & Wilson, Robbins)
L’egoismo non è solo una questione biologica o una reazione chimica nel cervello.
È un pilastro invisibile della nostra mente: qualcosa che guida le nostre decisioni, anche quando non ce ne rendiamo conto.
Freud: l’egoismo è la nostra origine
Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, ci ha lasciato una struttura semplice ma potente: Es, Io e Super-io.
L’Es (o Id) è la parte più antica della nostra psiche. Vive di istinto. Vuole solo piacere, subito. Fame? Soddisfala. Paura? Evitala. Desiderio? Prendilo.
È lì che nasce l’egoismo primario. Non è cattiveria. È sopravvivenza pura.
Da piccoli lo manifestiamo apertamente. Da adulti lo nascondiamo dietro regole, moralità e maschere sociali.
Ma quella voce che dice “voglio” non scompare mai. La civilizzazione l’ha educata, non cancellata.
Ayn Rand: l’egoismo è una virtù
Ayn Rand va oltre: non solo l’egoismo è naturale, è anche giusto.
Secondo la sua filosofia, ogni essere umano ha il diritto — anzi, il dovere — di perseguire il proprio interesse personale. Non per capriccio, ma per coerenza con i propri valori.
Aiutare gli altri va benissimo, dice Rand. Ma solo se lo fai perché lo vuoi tu, non perché ti senti obbligato o vuoi apparire buono.
Per lei, l’altruismo imposto è solo un modo elegante per annullare sé stessi.
E allora, domanda provocatoria: quando fai del bene… lo fai davvero per l’altro o per sentirti “giusto”?
Sober & Wilson: l’altruismo non è mai puro
Elliott Sober e David Sloan Wilson hanno portato questa riflessione su un piano ancora più scientifico.
Hanno studiato i motivi psicologici dietro i comportamenti “altruisti” e sono arrivati a una conclusione tanto semplice quanto scomoda:
non esiste un altruismo completamente disinteressato.
Aiutiamo un amico? Ci fa sentire bene.
Facciamo beneficenza? Ci sentiamo utili, giusti.
Ci sacrifichiamo per qualcuno? Percepiamo un senso di scopo, di valore.
In fondo, ogni volta che agiamo per un altro, stiamo anche rispondendo a un nostro bisogno interiore.
Tony Robbins: il motore dietro ogni azione
Ed è proprio sui bisogni che si concentra Tony Robbins.
Secondo lui, tutti gli esseri umani agiscono per soddisfare sei bisogni fondamentali dell’uomo:
Sicurezza – sentirsi sicuri, protetti
Varietà – stimoli, novità, sorprese
Importanza – sentirsi importanti, unici
Connessione/Amore – legami, relazioni
Crescita – migliorarsi, evolvere
Contributo – dare qualcosa agli altri, lasciare un impatto
Ognuno di noi è guidato, in modi diversi, da questi sei fattori. E anche i gesti che sembrano più altruisti rispondono a uno o più di questi bisogni.
Fare un regalo: altruismo o piacere personale?
Pensa a quando fai un regalo a qualcuno.
Hai mai notato come, a volte, ti senti meglio a farlo che a riceverlo?
C’è quella scintilla dentro, quel calore, quella soddisfazione nel vedere l’altro sorridere.
Quella sensazione è tua. È la tua ricompensa.
E anche se il gesto è per l’altro, il beneficio è anche — e soprattutto — tuo.
Stai soddisfacendo il tuo bisogno di connessione.
Stai affermando il tuo valore.
Ti stai dicendo: “io sono una persona generosa, attenta, presente”.
Ed è qui che torniamo al punto centrale:
l’egoismo psicologico non nega l’altruismo — lo spiega.
Ci mostra che non c’è nulla di strano nel volerci sentire bene facendo del bene.
Siamo condannati all’egoismo?
A questo punto, potresti chiederti: “Se ogni cosa che facciamo — anche la più generosa — ha alla base un bisogno personale… allora siamo condannati a essere egoisti per sempre?”
La risposta breve è: sì… e no.
Sì, perché non possiamo cancellare la nostra natura. Siamo programmati per sopravvivere, per cercare significato, amore, riconoscimento. Anche quando doniamo, ascoltiamo, ci sacrifichiamo — c’è sempre una parte di noi che cerca qualcosa in cambio, anche se è solo pace interiore o senso di coerenza con i propri valori.
Ma anche no, perché c’è una grande differenza tra essere mossi da impulsi egoistici… e lasciarsi dominare da essi.
L’egoismo consapevole è una forza, non una condanna
Il vero punto non è se siamo egoisti. Lo siamo.
Il punto è: cosa ce ne facciamo di questa verità?
Possiamo usarla come scusa per chiuderci nel nostro mondo, fregarcene degli altri, vivere in modalità “me, myself & I”? Certo.
Oppure possiamo accettarla, smettere di giudicarci, e scegliere in modo consapevole come orientare le nostre energie.
Puoi fare del bene, sapendo che anche tu ne trarrai beneficio.
Puoi aiutare, sapendo che non sei un martire — sei un essere umano che ha trovato un equilibrio tra ciò che dà e ciò che riceve.
Puoi amare, sapendo che anche l’amore è una forma di bisogno, ma questo non lo rende meno autentico.
Conoscere la nostra natura per imparare a guidarla
Pensare che l’egoismo sia il male assoluto ci fa combattere con noi stessi.
Riconoscere che l’egoismo è il punto di partenza, non il punto d’arrivo, ci permette di trasformarlo.
Quando smetti di vergognarti per il fatto che vuoi qualcosa in cambio — quando ammetti che sei umano — inizi a vivere e relazionarti in modo più onesto, più libero, più efficace.
Non sei condannato all’egoismo.
Sei semplicemente chiamato a decidere cosa farne.
L’egoismo non è un difetto. È una direzione.
L’essere umano è egoista.
Non per scelta, ma per natura. Lo è a livello genetico, neurologico, psicologico, emotivo.
Lo è anche quando ama, quando dona, quando si sacrifica.
Perché ogni gesto — anche il più nobile — nasce da un bisogno: di sentirsi utile, connesso, significativo.
E va bene così.
La verità è che non esiste un’opposizione netta tra egoismo e altruismo.
Sono due volti della stessa medaglia. Due modalità con cui il nostro io cerca di esistere nel mondo, di trovare senso, di soddisfare i propri bisogni.
Il punto non è sradicare l’egoismo.
Il punto è guardarlo in faccia. Capirlo. Accettarlo. E poi scegliere consapevolmente che uso farne.
Perché l’egoismo, quando è inconscio, ci governa.
Ma quando è riconosciuto, può diventare una forza costruttiva.
E magari, la prossima volta che aiuti qualcuno, non avrai bisogno di chiederti: “Lo sto facendo per me o per l’altro?”
Ti basterà sapere che stai facendo qualcosa che nutre entrambi.
E in un mondo come il nostro, questo non è poco. È potente.